VINCITORI DI LOST IN CAMPER

Marta , Gabriele e Milka sono i vincitori del Contest letterario “Lost in Camper”

“Siamo Gabriele e Marta, una giovane coppia che scopre il mondo del camper con l’arrivo nel 2015 di un’energica e affettuosa amica a 4 zampe di nome Milka. E’ così che il nostro inseparabile cane diventa la dolce responsabile del nostro rinnovato modo di viaggiare. Subito abbiamo trovato nel camper la soluzione ideale per poter viaggiare in libertà senza dover rinunciare alla compagnia di Milka. Solo in seguito macinando chilometri è nata in noi la voglia di condividere le nostre esperienze di viaggio. Abbiamo creato il blog e il canale YouTube “L’Arca di Noi 3”. Il nome si è formato quasi per scherzo dall’assonanza tra Noi 3 e Noè. Da quel momento il viaggio è diventato un’avventura continua in grado di risvegliare in noi creatività e fantasia, facendoci crescere ad ogni chilometro percorso”Gabriele e Marta

Ecco il racconto che li ha portati alla vittoria del contest

COSA CI E’ VENUTO IN MENTE

La vidi alzarsi presto quella mattina. Conoscevo quale fosse il pensiero che la tormentava. La preoccupazione non le aveva permesso di lasciarsi cullare dal tepore delle coperte fino al completo sorgere del sole. In segreto, la spiai tra le pieghe del cuscino su cui poggiavo il volto ancora assonnato. Si diresse silenziosa alla finestra dove rimase a scrutare il cielo. Una debole luce illuminò accanto a me la parte di letto che aveva lasciato vuota pochi istanti prima. Capii che ormai era fatta, non si poteva più tornare indietro. Forse, per un secondo, avevo sperato nel brutto tempo, invece il sole splendeva e nessuna scusa avrebbe retto una nostra disdetta. Nessun ripensamento avrebbe fatto saltare l’appuntamento col nostro futuro. Mi arresi al giorno nascente e chiudendo definitamente il cassetto dei sogni per quella notte, mi trascinai giù dal letto. Mi avvicinai a lei avvolgendole il fianco con un braccio. Mi misi ad osservare anch’io fuori dalla finestra l’alba infuocare in lontananza le montagne della Val Pusteria e accendere di rosso i vicini campi coltivati. Sentivo l’inquietudine farsi sempre più strada anche dentro di me. Non sapevo cosa ci avrebbe riservato il futuro. Non sapevo cosa avremmo visto, ne come ci saremmo sentiti.

<< Sei preoccupata?>> le domandai, cercando di richiamare in me tutto l’autocontrollo che, fino ad allora, la vita mi aveva insegnato ad assumere.

<< Ormai abbiamo già organizzato tutto, anche se ti dicessi di sì, non potremmo ritirarci>> ripose sincera.

Cercai di rassicurarla.

<< Dobbiamo almeno provarci, come abbiamo fatto alla partenza del nostro viaggio due mesi fa. Se rinunciassimo ora, ci resterebbe per sempre il rimpianto di non averlo fatto >>

Fu allora che vidi il suo sguardo cadere sulla cartina geografica appesa sull’anta dell’armadio. La parte superiore era tutta scarabocchiata. Alcuni paesi erano evidenziati, altri sottolineati, altri ancora, cerchiati. Dove lo spazio lo consentiva, appunti e scritte facevano capolino tra i nomi di fiumi, monti e città.

<< Certo, c’è una domanda ricorrente che ogni giorno mi chiedo da quando ho iniziato a colorare questa cartina>> lo disse come parlando con se stessa, senza guardarmi negli occhi.

<<Cosa ci è venuto in mente?>> concluse, fissandomi con fare interrogatorio. Un sogghigno sarcastico faceva intendere che stesse almeno in parte scherzando. Non del tutto.

Avevo imparato a conoscerla più in quei due mesi di viaggio e spazi ristretti, che in anni di convivenza in una comoda casa. Sapevo che, nonostante non lo palesasse apertamente, era felice ogni qualvolta aveva l’opportunità di assecondare ogni mia pazzia. Aveva vissuto addestrandosi ad apparire mediocre, fingendosi indifferente agli stimoli dettati dalle proprie passioni, che presto cessarono di pulsare. Aveva iniziato a condurre una vita talmente sicura che, a suon di limitazioni, si era riempita di paure e insoddisfazioni.

Non avevo la pretesa di poterla guarire dai suoi pensieri negativi, ma ero sicuro che la decisione che avevamo preso avrebbe migliorato la vita di entrambi, anche quel giorno.

<< Vedrai che non te ne pentirai, ma lo capirai alla fine, non puoi comprenderlo ora, alla partenza>>

<< Lo capirò se sopravviverò>>

<< Non stai rischiando la vita>> mi scappò una risata tra la barba che stava diventando sempre più bianca << Ti sembra di aver rischiato la vita in camper fino adesso? È anche questa l’ennesima esperienza che risulterà indimenticabile, come tutti gli altri viaggi. Il futuro è incerto qui, come in viaggio, in camper, come a casa. Oggi, alla fine, faremo solo una cosa mai fatta prima>>

<< Solo?>> mi rimproverò per la mia superficialità guardandomi dritto negli occhi come a voler capire se stessi mentendo. Intuii che era eccitata e spaventata allo stesso tempo.

<< Lo sai che ho paura. Anzi, potrei, addirittura, svenire, oggi, per la paura>> aggiunse, riportandomi saldamente con i piedi per terra. Aveva ragione, avevo paura anche io. Ci sarebbe potuto accadere di tutto, i nostri timori avrebbero potuto ad un tratto prendere il sopravvento. Per carità, il sopravvento quel giorno, sarebbe stato proprio un grande impiccio. Avrebbe cancellato ogni traccia di divertimento. Cercai conforto nell’istinto. Qualcosa, dentro di me, mi suggeriva che, ancora una volta, avrebbero vinto le scoperte, l’entusiasmo e le emozioni.

<< Fino adesso nessun ostacolo ci ha fermato. Abbiamo sempre imparato qualcosa di nuovo dai nostri viaggi. Vedrai, sarà così anche questa volta>>.

Mi allontanai da lei e dalla finestra. Facendolo, le indicai la mappa scarabocchiata a sostegno delle mie parole.

Avevamo fatto incontri eccezionali e stravaganti. Avevamo visitato posti unici, così incantevoli da non credere possibile possano esistere. Avevamo dormito in mezzo alla natura, sotto cieli stellati e in riva a laghi cristallini. Tuttavia, ero cosciente che avevamo anche incrociato temporali spaventosi, visto saette così vicine da farci male alle orecchie, sentito tuoni così fragorosi da farci chiudere gli occhi. Ci eravamo trovati in difficoltà in vie troppo strette, ci eravamo persi un sacco di volte. Eppure, alla fine, tutto aveva contribuito a riempire quel bagaglio invisibile, alimentato dalle esperienze.

Poteva succedere ancora. Ero certo che, anche quel giorno, avremmo trasformato la nostra tensione in un’occasione per crescere e arricchirci. Ci preparammo, ognuno immerso nei propri pensieri. Salutai la nostra fedele amica a quattro zampe, promettendole un veloce ritorno. Contraccambiò con due rumorosi colpi di coda.

<< Mi sembra di essere tornata al primo giorno di viaggio >> pronunciò, mentre ci incamminavamo.

<< Lo sai che i primi passi sono sempre i più difficili, poi, lo stress sarà solo un ricordo>>

Respirai. Ancora non me ne capacitavo. Non ricordavo nemmeno come tutto avesse avuto inizio. Avevo in mente i preparativi, la strada, i chilometri percorsi fino a giungere sotto un rassicurante arcobaleno a quel punto. Per il resto, ci era bastata una telefonata. Scrutai il suo volto per cercare di quantificare la sua paura.

<< Ora non pensare più a niente. Completamente a niente>> interruppe il flusso dei miei pensieri, il ragazzo biondino e abbronzato che mi stava imbragando.

<< Devi solo correre. Tu corri sempre, anche quando ti fermerà>>

Mi sentivo un po’ Forrest Gump, ma il momento non mi sembrava idoneo alle battute. Ero teso e nervoso e, prima di cessare di pensare completamente, mi sovvenne la sua domanda:

<< Cosa ci è venuto in mente?>>.

Iniziai a correre. La vela si spiegò. Mi fermò. Corsi ugualmente. Fu un attimo. Eravamo in volo con l’immensità intorno a noi, il silenzio dilagante e solo il vento a sussurrarmi parole che non comprendevo. Li guardai lanciarsi dopo di me. Quando furono sopra di noi, mi salutò con la mano indossando il suo miglior sorriso. Era il volto di chi aveva appena gettato a 2000 metri di altezza la propria paura, mandando al diavolo le vertigini. Il panorama spaziava da Brunico alla Valle Aurina. Dietro di noi ci eravamo lasciati il Plan de Corones, da cui ci eravamo lanciati col parapendio. Planammo anche sopra al nostro camper e subito pensai che avrei proprio dovuto dare una lucidata al tetto e al pannello solare. Atterrammo in giardino, il campo di erba, che si allungava alle spalle del nostro parcheggio. Ci guardammo negli occhi e senza parlare capimmo che stavamo pensando alla stessa parola: libertà. Ecco cosa ci è venuto in mente.